Il recente fallimento della
società guidata dall'imprenditrice Carla Poli, che a Vedelago ha
fatto scuola sul corretto smaltimento dei rifiuti, ha provocato una
sconclusionata riflessione del segretario territoriale della Uiltrasporti della provincia di Nuoro che chiama in causa il Comitato
“Non Bruciamoci il futuro”. La considerazione di Cappai è tanto
rozza da poter essere così schematizzata: Il
Comitato “Non Bruciamoci il futuro” ha proposto, come alternativa
alla realizzazione del nuovo inceneritore di Macomer, un Centro di
riciclo con trattamento a freddo dei rifiuti simile a quello di
Vedelago. La società che a Vedelago gestisce quel Centro è fallita
e di conseguenza la proposta del Comitato “Non Bruciamoci il
futuro” era fasulla.
“Che
cosa avranno da dirci adesso al riguardo lor signori?”
Così il signor Cappai ci
interroga nella sua ricostruzione fantasiosa e così rispondiamo: il
sillogismo del Cappai, tutt'altro che aristotelico, dimostra ancora
una volta la superficialità, figlia di incompetenza o complicità,
con cui istituzioni e forze sociali hanno accompagnato la vicenda
sulla riorganizzazione del sistema di trattamento dei rifiuti nel
territorio. Il fallimento della società di Vedelago rappresenta
infatti la fine di un’esperienza imprenditoriale e nulla ha a che
vedere col sistema di trattamento dei rifiuti che essa propone che
continua a essere utilizzato con ottimi risultati e prospettive in
molte esperienze in Italia. Quando fallì la Parmalat tutti noi,
signor Cappai, continuammo a bere latte e a gustare lo yogurt. Non è
necessario essere segretari territoriali sindacali o fini economisti
per comprendere questa semplice differenza.
Al di la di queste grossolanità,
le considerazioni del rappresentante sindacale meritano una
riflessione anche dura perché pronunciate da chi, in tema di
fallimenti, avrebbe poca o nessuna voce in capitolo. Cappai parla
infatti con leggerezza del fallimento di un’impresa dalla sua invidiabile posizione di dipendente della Tossilo S.p.A., una società
mista pubblico-privata (da qualche anno solo pubblica) il cui socio
di maggioranza è addirittura sotto commissariamento da circa otto
anni. Pur essendo una S.p.A. la Tossilo che ha in gestione gli
inceneritori di Macomer non sa cosa significhi stare sul mercato e
affrontare quel “rischio” che è l’essenza stessa del fare
impresa.
Fin dalla sua nascita, infatti,
la Tossilo entrò subito in difficoltà finanziarie che venivano
facilmente risolte dall'allora gruppo dirigente ricorrendo
all'aumento delle tariffe a carico di comuni e cittadini o
aumentando il capitale sociale del Consorzio industriale (socio di
maggioranza) che comportava un impegno finanziario anche per quegli
enti pubblici che componevano la compagine sociale del Consorzio. In
quegli anni, i revisori dei conti del Consorzio, in una loro
relazione sul bilancio dell’ente, affermarono in maniera
preoccupata che, le perdite nella gestione della Tossilo, mettevano a
rischio lo stesso patrimonio del Consorzio industriale, socio di
maggioranza della società mista. Il tutto inserito in un sistema
bloccato visto che era ed è tutt'ora la Regione a imporre quali
comuni devono conferire i loro rifiuti ai costosissimi impianti di
Macomer. Facile fare impresa in questo modo!
Il territorio attende la fine
della procedura che determinerà o meno l’approvazione del progetto
del nuovo inceneritore, che il Comitato “Non Bruciamoci il futuro”
spera ancora possa non realizzarsi. Mentre questo accade, in molti
comuni sardi scoppia la rabbia dei cittadini e delle imprese (quelle
signor Cappai che rischiano quotidianamente affrontando il mercato)
per una tariffa sui rifiuti che sta affossando la nostra economia. In
questa fase delicata sarebbe stato più opportuno da parte sua un
tombale silenzio su temi che, in questi anni, il sindacato da lei
rappresentato ha dimostrato ampiamente, per incompetenza o
complicità, di non conoscere appieno poiché per tutti questi anni
avete vissuto in un mondo parallelo che niente sembra aver a che fare
con i problemi dei cittadini.
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