Comitati, associazioni e gruppi che hanno sottoscritto la lettera aperta ai candidati presidenti delle diverse coalizioni in campo per le prossime consultazioni regionali, dopo aver considerato con attenzione la risposta di Michela Murgia, candidata presidente di Sardegna Possibile, esprimono le seguenti valutazioni sulle sue linee programmatiche
COORDINAMENTO
SARDO
NON BRUCIAMOCI IL FUTURO
NON BRUCIAMOCI IL FUTURO
Ringraziamo Michela
Murgia e lo staff di Sardegna Possibile per la pronta ed articolata
risposta alle richieste avanzate nella lettera aperta inviata ai
candidati presidenti per le prossime consultazioni elettorali in
Sardegna.
Apprezziamo le
dichiarazioni di impegno sul versante energetico e della gestione dei
rifiuti, che vanno nella direzione indicata dal Coordinamento Sardo
NBF, con l’abbandono definitivo e totale del ricorso ai
combustibili fossili e ai processi di combustione e la sospensione
di tutte le procedure di autorizzazione per nuovi impianti e per il
potenziamento di quelli esistenti.
Alla
luce della disponibilità al confronto manifestata, non possiamo allo
stesso tempo esimerci dall'esprimere la nostra contrarietà rispetto
ad alcuni aspetti programmatici, che qui riportiamo per sommi capi.
a) “.....in
base alla legge
sui processi partecipativi
che
intendiamo approvare nei primi sei mesi di governo, per rendere legge
l’obbligo di consultazione dei cittadini quando l’impatto delle
decisioni supera una determinata soglia di investimento o di
incidenza socio-ambientale.”
Rispetto
alla vasta normativa che sancisce il diritto dei cittadini
all'informazione e alla partecipazione alle decisioni istituzionali
in materia di salute, ambiente e gestione dei rifiuti (Carta di
Ottawa 1986, D. Lgs n. 502/2006, Carta di Aalborg 1994,
Convenzione di Aarhus 26.6.1998, Direttiva 2003/35/CE, Direttiva
2008/98/CE), riteniamo
limitativo che l'obbligo di consultazione dei cittadini sia vincolato
per legge a concetti vaghi come “soglia di investimento o
incidenza socio-ambientale”.
Rileviamo
inoltre che il primo criterio (soglia di investimento) favorirebbe,
addirittura con legge regionale, il ricorso
a progetti “spezzatino” con
un’artificiosa
segmentazione
degli
interventi in distinte e procrastinate progettazioni sotto soglia,
consentendo di aggirare non solo l’obbligatorietà della VIA, ma
anche l’obbligo della consultazione dei cittadini.
In
realtà esiste già un’obbligatorietà della valutazione
dell’impatto ambientale cumulato, come la giurisprudenza
Comunitaria e Regionale ha già stabilito con la Sentenza della Corte
di Giustizia CE, Sez.4^, 24 Novembre 2011 e la Sentenza C-404/09 che
sono già state recepite anche a livello giurisprudenziale regionale
con la Sentenza, tra le tante, del T.A.R Sardegna n° 412, Sez II. ,
30 marzo 2010.
È sentita comunque l'esigenza di dotarsi di
una norma a carattere regionale che recepisca in modo organico i
diversi principi di partecipazione democratica dei cittadini ai vari
processi di formazione delle decisioni, che al momento non trovano
una chiara collocazione e leggibilità.
b) “Il
Piano Energetico di Sardegna Possibile affronta la fase di
transizione verso l’abbandono totale delle forme di produzione da
fonti fossili proponendo diversi scenari transitori possibili che
prevedono – a seconda della efficacia misurata e monitorata degli
interventi di cui sopra – il ricorso alla generazione da solare
termodinamico (nei territori già compromessi e senza sacrificare
altro terreno agricolo sano) e da idroelettrico che possono
funzionare da subito come validi sostituti per alcune delle
funzionalità di compensazione e stabilizzazione assolte dalle
centrali a gas o a olio combustibile fossile o vegetale.”
Nella
fase di transizione “virtuosa”, tra le fonti energetiche
rinnovabili si punta sul solare termodinamico da collocare in aree
compromesse e se si tratta di SIN, come è ipotizzabile, tali
insediamenti non possono prescindere da preliminari azioni di
bonifica e di riqualificazione ambientale.
Non
si menziona –
se
non in riferimento alle sei microaree sperimentali
- lo sviluppo del
fotovoltaico domestico, del solare termico e del mini eolico come
forma di generazione distribuita a favore delle famiglie delle
piccole comunità e delle piccole e medie imprese, condizione
strutturale che permetterebbe una fase di transizione brevissima nel
tempo. Viene
ricordato l’idroelettrico come sostituto “delle funzionalità di
compensazione e stabilizzazione assolte dalle
centrali a gas o a olio combustibile fossile o vegetale” ma non
se ne identifica il ruolo come fonte di accumulo giornaliero e di
erogazione notturna in pieno allineamento con la profilatura dei
consumi/die. In particolare, non si
identifica nella gestione del bene comune acqua, contenuta negli
invasi e di proprietà regionale, il settore dove sviluppare la
produzione dell’idrogeno (per elettrolisi pubblica e non per
reforming privato da idrocarburi) come
vettore energetico per motori e celle ad idrogeno.
c) “Il
Piano non esclude, sempre solo nella fase transitoria, il ricorso
all’importazione di metano liquido via nave, e il trattamento
attraverso rigassificatori situati nei porti, e quindi l’uso del
gas per la produzione di energia elettrica o per il reforming
finalizzato alla produzione di idrogeno per le aree industriali, ma
solo a patto che..”
Le
scelte strategiche per la fase di transizione verso nuovi assetti
industriali non possono privilegiare i sistemi di produzione
energetica a combustione, quali il ricorso al metano liquido, che si
dice di voler abbandonare definitivamente, non solo per un
irrinunciabile
atteggiamento di coerenza,
ma anche in considerazione del fatto che gli investimenti nel settore
energetico comportano costi elevati e tempi di ammortamento lunghi,
non compatibili
con una fase di transizione che dovrebbe durare pochi anni.
I
rischi potenziali di un impianto di rigassificazione che lavora
grosse quantità di metano altamente
infiammabile, lo portano ad essere sottoposto alle “Direttive
Seveso” quale impianto a rischio di
incidente rilevante, come per le raffinerie di petrolio. Il ciclo di
rigassificazione può avere altri aspetti negativi legati alla
re-immissione delle acque raffreddate in natura e alla necessità di
immettere grandi quantitativi di cloro, che confluirà anch'esso in
natura. Dal punto di vista economico la scelta di rigassificatori (da
più parti se ne ipotizzano almeno 4 nei principali porti isolani)
consentirebbe di mantenere il
sistema di produzione elettrico in mano ai soliti grossi oligopolisti
(Saras, Enel ENI, E.ON1
e
altri players minori come Clivati)
che già dettano legge per quanto
riguarda le tariffe elettriche gestendo, come Saras- Sarlux, il
mercato infragiornaliero con privilegio della priorità di
dispacciamento e non obbligo di regolazione, incassando
gli incentivi del famigerato Cip6
per bruciare i residui pesanti del
petrolio e scaricandoli sulla bolletta elettrica delle famiglie.
Gli
altri operatori attraverso Terna lucrano sul regime di essenzialità
vendendo anche ciò che non producono nel mercato del giorno prima e
magari costringendo ad acquisti esterni per mantenete la stabilità
di rete nella fase di aggiustamento serotina.
Anche sul GNL la possibilità di caricare
sui contribuenti gli oneri di esercizio rimangono ampi;
esiste ancora in sospeso il sistema di incentivazione dei
rigassificatori, chiamato"fattore di garanzia",
varato dall’’Autorità per l’energia (Aeeg) nel 2005, in
seguito all’emergenza gas di quell’inverno.
In Sardegna,
terra di lobbies oligopoliste specialiste nel fare cartello e
scaricare sulla comunità gli aiuti di stato, tutto potrebbe essere
rimesso in moto.
Una
fase di transizione ancora basata sulle combustioni, inoltre, allontana
dalla
consapevolezza sulle recenti acquisizioni scientifiche sui danni
genetici ed epigenetici
nei bambini di Sarroch
e sulla
necessità di avviare una
ricerca su modelli di produzione energetica e di sviluppo legato
alla tutela della salute delle popolazioni, della qualità dell’aria,
del suolo e delle acque e dei nostri prodotti alimentari.
d)
“Il
Piano propone l’immediato avvio di sei
micromodelli sperimentali in
aree limitate, sei piccoli comuni, che realizzino un sistema di
cogenerazione misto basato esclusivamente sulla microgenerazione
distribuita da fonti rinnovabili (microidroelettrico, solare termico
e fotovoltaico, microeolico, biogas per le aziende zootecniche) che
escluda da subito il ricorso alle fonti fossili. Le sei aree
serviranno dunque come modello replicabile ed estensibile al resto
del territorio sardo.......Regolano
in modo chiaro e preciso lo sfruttamento delle risorse naturali come
vento, sole (fotovoltaico ma anche termodinamico) biomasse, geotermia
e acqua da parte di entità private in modo che i benefici economici
derivanti dal loro sfruttamento siano a vantaggio delle comunità
locali, e non più solo di singoli concessionari di suolo”.
Per
i biodigestori anche di piccola taglia si prefigura una competizione
tra terreni agricoli e terreni destinati a produzioni bioenergetiche
(Mais per
insilati, etc..), nonché, oltre al persistere del problema emissivo,
l’introduzione di ulteriori criticità relativamente all’impiego
del digestato nei terreni con la loro contaminazione
a opera di
microorganismi anaerobici quali i clostridi (Tetani, Botulini,
etc..).
Un
discorso analogo vale per le biomasse,
la cui coltivazione non solo sottrae terreno alla produzione di cibo,
ma a) determina un aumento del prezzo dei terreni e b) un aumento del
prezzo dei mangimi animali.
In
diversi territori sardi i piccoli impianti stanno trasformando le
campagne in un deserto.
La
stessa normativa regionale che esclude dalla VIA gli impianti di
potenza inferiore ad 1 MW è da ritenersi fondatamente
incostituzionale perché in contrasto con i criteri previsti
dall’allegato III della direttiva
2011/92/UE, così come prefigura la sentenza 93/2013 della Corte
Costituzionale e ribadito dal TAR Marche con la sentenza Sez I, n.
659/2013. Il che impone una urgente revisione del quadro normativo
regionale in materia.
Il
fatto che i micro modelli sperimentali non considerino tali criticità
anche su piccola scala, pone serie difficoltà nell’ individuare la
riproducibilità di questi modelli su scala più ampia.
Sempre in riferimento alla legge regionale da
formularsi per il riordino del comparto delle rinnovabili, riteniamo
che la risorsa geotermica e gli impianti termodinamici solari a
concentrazione debbano ricevere maggiori attenzioni rappresentando
due fonti con il più alto impatto sulle matrici ambientali: acqua,
aria e suolo.
e)
“Il
Programma prevede l’approvazione e l’avvio del Piano
Regionale delle Bonifiche che
contiene l’analisi complessiva e approfondita dello stato attuale
in termini di concentrazioni di inquinanti, di esposti, di rischio e
la pianificazione degli interventi classificati per fattibilità e
urgenza. Le bonifiche, anche al fine di aumentarne l’effettiva
fattibilità economica, sono intese non solo come interventi di
recupero e ripristino ma anche come opportunità di lavoro ed
estrazione dagli scarti di nuove materie prime da immettere sul
mercato e innesco di filiere locali di lavorazione.”
Il
problema delle bonifiche e della riqualificazione ambientale dei due
SIN e dei 18 SIR (comprese le due maggiori aree urbane) dovrebbe
essere inquadrato prioritariamente su un piano
sanitario
tenendo conto dei tassi di mortalità indicizzati per deprivazione
presenti nei due SIN. La fattibilità economica a carico delle
aziende inquinanti dovrebbe tenere conto non solo della necessità di
creare nuove professionalità e opportunità di lavoro, ma anche del
monitoraggio dei programmi di spesa e della verifica dei risultati
ad opera di un Comitato
dei Garanti, come proposto nel nostro Manifesto di Intenti.
Valutiamo fattibile il percorso delineato,
certi della capacità di ascolto della candidata presidente di
Sardegna Possibile.
1-
Difatti, è l'E.ON ad aver realizzato il rigassificatore di Livorno;
l'Eni, invece, è attiva a Panigaglia, in Liguria, insieme a un
fondo collegato alla Cassa depositi e prestiti del Ministero delle
Finanze; infine, è dell'Enel il progetto di rigassificatore già
approvato a Porto Empedocle.
31 gennaio 2014
31 gennaio 2014
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